mercoledì 18 luglio 2012

Disturbo bipolare: esperienze diverse su diagnosi e psicoterapia

Premessa: leggo "la Repubblica". Il sabato apprezzo l'inserto D, un settimanale che mi piace molto, soprattutto per alcuni editorialisti.


Sabato scorso, Elasti ha narrato l'esperienza di una giovane donna che soffre di disturbo bipolare.


Ora, io sono sempre contenta quando si parla di disturbo bipolare, e sempre in empatica affinità quando leggo le storie di altri.


Tanti particolari però per me non erano esatti, in quell'articolo....o meglio: sono esatti secondo l'esperienza della protagonista. La mia è diversa.


In particolare, vorrei segnalare che:

1) non credo sia attualmente vero che il disturbo bipolare in Italia è poco conosciuto e mal diagnosticato. Certo, possono sempre esistere medici poco esperti, quasi casi di "malasanità".
Ma esistono realtà dove il disturbo bipolare è perfettamente conosciuto e ottimamente diagnosticato e seguito farmacologicamente.
Credo esista una particolare cautela nel fare questa diagnosi, perché equivale a diagnosticare un disturbo, o meglio, una "predisposizione cronica" che, allo stato attuale della scienza medica, impone di seguire una terapia farmacologica per tutta la vita.
Molto più semplice è una depressione unipolare, o perfino un disturbo borderline (anche se credo sia molto meno "maneggiabile", quindi trattabile).
Nel caso della depressione unipolare, spesso si tratta di una crisi singola, si cura quella, si scalano i farmaci, arrivederci e buona fortuna.
Nel disturbo bipolare questo veniva fatto venti, trent'anni fa: si curavano le singole crisi, e poi i farmaci venivano smessi.
Ma si è appurato che, così facendo, le crisi ritornavano, spesso più forti, più violente, talvolta anche più frequenti nel tempo. Continuando la cura, invece, le crisi si distanziavano nel tempo, e chi ne soffriva sperimentava periodi di "normalità" più lunghi.

2) Non credo sia vero che la psicoterapia non serva a nulla e che servano solo i farmaci.
Io sono assolutamente a favore dell'abbinata farmaci + psicoterapia.
E qui parlo di me: io ero bipolare nell'anima, diciamo nelle mie reazioni emotive. Anche se culturalmente ero disposta ad ammettere varie tonalità di colori, tutto lo spettro dell'arcobaleno, emotivamente la mia vita era davvero bipolare: o bianco o nero.
In più, nel mio caso il disturbo bipolare aveva origine anche da repressioni, da traumi.
La psicoterapia mi è servita, eccome se mi è servita, per andare a sistemare tutto questo!
Certo, senza i farmaci stabilizzatori non avrei avuto quella costanza di umore e capacità mentale che hanno resto possibile la psicoterapia.
Ma senza la psicoterapia non sarei andata a cambiare le cause emotive, mentali, esistenziali del disturbo.
Mente e corpo non sono separati: se il corpo può agire sulla mente (es.: dopamina alle stelle = crisi maniacale, con tutte le conseguenze mentali e comportamentali del caso), allora le mente deve poter agire sul corpo (un diverso pensiero, una diversa emozione può aiutare la stabilità dei neurotrasmettitori).
Per di più, le ultime ricerche della psicoterapia affermano che attui veri cambiamenti a livello sinaptico.
Quindi, w l'abbinata!


Sulle altri parti dell'articolo concordo: è vero che spesso gli amici non accettano, è vero che spesso i fidanzati lasciano, è vero che in Italia c'è ancora una forte condanna della malattia mentale.

De André anni fa cantava "Anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti".
Siamo tutti coinvolti e tutti colpevoli.
Finché continueremo nel silenzio e nella vergogna (io in prima fila, of course), saremo tutti coinvolti nel perpetrare lo stigma della malattia mentale.