giovedì 6 novembre 2014

Più invecchio....

E sotto certi punti di vista, peggio è.
Sotto altri meglio: sono più stabile come tono dell'umore, consapevole...la strada percorsa è un grande aiuto.

Ma la stanchezza, cari miei, la stanchezza....
Talvolta rimpiango i 20 anni (ma anche i 30), il poter dormire poche ore senza colpo ferire. Quelle crisi di ipomania che erano anche una ventata di energia (malata, sì, ma pur sempre energia!)

Sono ritornata un petit enfant: se non dormo almeno 8 ore per notte, sono distrutta. Ed essendo negli anta, si vede subito.

Sarà anche che non mi rassegno ad avere una vita sola? Che faccio due lavori, scrivo, amo (che per tanti versi è un lavoro: se i rapporti vanno nutriti, chiedono tempo ed energie)? Sarà che ogni tanto devo ricordarmi che al primo posto vengo io, devo, è bene, è obbligo che venga io, visto che mi spenderei per tanti??

Sono contenta dell'inverno. In genere. Le meno ore di luce mi inducono ad uscire di meno. Peccato che poi abbia tanti, tanti impegni.

E allora mi ridico: svuotati la vita. Riprenditi spazio per essere, semplicemente essere, nel riposo e nella gioia, nella pigrizia....

lunedì 6 ottobre 2014

ECCO IL MIO LIBRO: RIVELAZIONI BIPOLARI

Finalmente pronto....
in vendita on line e nelle librerie mediche...
il mio libro, sulla mia esperienza con il disturbo bipolare e su come poter avere una vita che, con tutte le difficoltà del caso, sia comunque serena ed appagante.

Ecco i dati: Agata S. (pseudonimo omaggio a Agatha Raisin, la protagonista della saga le cui vicende mi hanno divertito moltissimo), "Rivelazioni bipolari", ed. Giovanni Fioriti (www.fioriti.it)

Ho cercato di scriverlo in modo brillante e lieve, solo quando sentivo che la scrittura fluiva così, con l'intento di trasmettere la mia esperienza con il disturbo bipolare, dopo 9 anni e mezzo di stabilità.

Ovviamente di stabilità "bipolare", quindi con le accortezze, gli alti e i bassi, le giornate che non vanno, la stanchezza, il bisogno di dormire, gli stress che sembrano sempre più "stressanti" delle persone "normali" etc. etc. Ma 9 anni e mezzo senza crisi gravi, ricoveri o altro.

Un periodo nel quale mi sono fidanzata prima, sposata poi, mi sono laureata per la seconda volta, ho scritto vari libri, ho trovato nuovi amici e ho comunque continuato a lavorare. Come? Con "vigilanza costante", con impegno, mettendomi in gioco, facendo 9 anni di psicoterapia e psiconanalisi, cura farmacologica costante, attenzione a me stessa.

Tanta attenzione a me stessa, cercare di mettermi al centro della mia vita, per dovere verso di me, per necessità, perché ho capito che era indispensabile.

Il messaggio fondamentale del libro è che star bene si può. La diagnosi di disturbo bipolare non vuole dire condanna a vita, non vuol dire una vita finita, non vuol dire "dopo di me il diluvio". Vuol dire: devi ricostruirti, ma la serenità è possibile, la stabilità è possibile, le soddisfazioni sono possibili, spruzzi di felicità anche.

L'ho scritto con la speranza che possa essere di aiuto, per quanto un piccolo aiuto, a coloro che soffrono del disturbo.

Perché, come mi ricordò mio fratello in un periodo di depressione, "E' meglio accendere una piccola fiammella che maledire l'oscurità". (Confucio)

giovedì 26 settembre 2013

ATTIVAZIONE COMPORTAMENTALE

Ovvero: anche se siamo depressi, cercare di non rimanere a letto ma sforzarsi di fare qualcosa.

Soffrire di D.B. è un lungo gioco di equilibrio. Equilibrio tra il troppo e il poco, sempre. E noi, come quelle vecchie altalene, dobbiamo stare nel mezzo.

Capire quando facciamo abbastanza, quando troppo, quando troppo poco. Stare sempre nel medio, nel giusto. Quello che ci mantiene normali.

E poi ci sono le giornate che vanno per i fatti loro, perché è così, è la vita. Ci alziamo con il tono dell'umore più basso del solito e ogni cosa che accade ci sembra una congiura del destino: tutto contro di noi. Ma già lo sapevamo, che la giornata sarebbe andata male. Non scomodiamo il destino, certe giornate capitano. Punto.

Le ore di luce stanno calando, e il pericolo di depressione si avvicina. L'autunno mette un po' di tristezza, non trovate? Sembra che tutto stia morendo. Una morte cosmica, almeno per qualche mese. Novembre, poi, è un mese terribile: pochissime ore di luce (quasi tutte quando siamo chiusi negli uffici), non ci sono più le castagne e non c'è ancora Natale, c'è solo la nebbia. 

Che fare? 

Mantenersi in attività è un'ottima idea; se sentite di star scivolando troppo verso il basso, chiamare il medico è un'altra ottima idea. Cercate di trovare un po' di luce dentro di voi, anche nelle tenebre. E ridete, se potete. Trovate un amico che vi faccia ridere e vi risollevi il morale....

venerdì 16 agosto 2013

Malattia mentale - una condanna o una malattia?

Lo so, nella vita nessuno aveva progettato o progetta di ammalarsi, per di più di una malattia mentale, una malattia che va a incidere sulla nostra MENTE, sul nostro funzionamento mentale, quindi sociale, professionale, lavorativo, sentimentale.

Bene, è successo. Tralasciamo per il momento il perché, rischiamo di cadere ancor più in confusione.

Ma cosa è successo? Che ci siamo AMMALATI. Punto. Avete presente la bronchite, la polmonite, la frattura del piede, il diabete? Ecco, a noi è successa la stessa cosa. Ci siamo ammalati.

Perché non riusciamo ad affrontare la malattia mentale nello stesso modo in cui affrontiamo le altre malattie, acute o croniche che siano??

Per la vergogna? Lo stigma sociale? Perché rischiamo di perdere tanto, troppo? O per quali altri e personalissimi motivi?

Io potrei dire i miei, dato che ci sono passata, e per anni non mi sono capacitata di come potesse essermi successo qualcosa del genere. Come se fossi perennemente stupefatta.

Il risultato è stato che per anni non ho affrontato la questione nel modo che ritengo oggi giusto, ovvero CURANDOMI nel migliore dei modi.

Allora, sgombriamo il campo dagli equivoci. Non è una condanna. Non è una vergogna. Probabilmente non ve l'ha mandata Dio perché da bambini avete rubato la marmellata. E' successo, capita che i neurotrasmettitori smettano di funzionare in modo equilibrato. Non siete le sole persone al mondo, capita a tantissima gente, magari anche al vostro vicino di casa, o al vostro antipatico capoufficio. Succede.

Se non accettate di avere una malattia, non potrete neppure curarvi nel modo giusto. Questo è il rischio più grande che potrete correre. Ne avete voglia?

martedì 18 giugno 2013

Cos'è la felicità?

Già, cos'è la felicità? Al di là di parole di filosofi, artisti o psichiatri, questo è un argomento sul quale la risposta non può che essere soggettiva. Ognuno di noi ha  un particolare concetto di felicità: qualche attività, qualche momento, qualche persona lo fanno sentire felice (sereno, appagato, gioioso, moderatamente soddisfatto, euforico etc.).

Perché è importante saperlo? 

Perché è uno degli elementi da cui deriva la scelta curarsi/non curarsi.

Ad esempio, queste sono le cose che rendono o hanno reso me felice: leggere, scrivere, studiare, fare psicoanalisi, essere di aiuto agli altri, cantare, danzare, camminare, nuotare....

Per me prime 5, il perfetto compenso dato dai farmaci è stato ed è fondamentale.
Durante l'ultima depressione passai da leggere un libro al giorno a non essere neppure in grado di leggere i titoli di un quotidiano. Un incubo.
Vero, in crisi maniacale componevo poesie che mi sembravano splendide...ma col senno della stabilità, non lo erano più molto.
Cantare e danzare, certo, potrei farlo anche da scompensata, forse sentendomi anche più viva.
Ma perderei le prime cause di felicità.

E allora? Allora prendo farmaci.

Ascolto molti amici e ognuno dà una versione diversa di felicità. Ed è importante rispondersi, perché, se scopriamo che la conditio sine qua non della nostra felicità è avere dei neurotrasmettitori che funzionino bene, allora....dobbiamo curarci.

In caso contrario, come mi ha detto recentemente un amico "ma invece di studiare tanto non potevi fare un corso di recitazione che facevi prima? tanto gli attori di successo sono tutti fuori di testa..."

Quasi vero. Nel campo artistico il disturbo bipolare è senz'altro più tollerato che non in una banca.

Ma saremmo stati felici? 

lunedì 27 maggio 2013

Come stare vicini a chi soffre di disturbo bipolare

Ho spesso detto che per stare vicini a chi soffre di Db o di un'altra malattia mentale servano dei superpoteri, e non tutti li hanno.

Se voi pensate di averli, sappiate che esistono delle regole base per stare vicini e supportare, con amore, chi soffre di DB. Spesso anche le migliori intenzioni del mondo creano danni. Quindi, che fare?

1) REGOLA BASE: NON STRESSATE. Chi è in una fase maniacale o depressiva è già supermegaiperstressato di suo, non vi ci mettete anche voi. Inutile dire "stai calmo" o "tirati su": avessimo potuto farlo con le nostre forze, l'avremmo già fatto. Il punto è che proprio non possiamo. Il nostro cervello sta ballando una rumba scatenata con i neurotrasmettitori, sappiamo che voi non capite, ma dateci tregua.

2) CERCATE I MEDICI MIGLIORI. Chi soffre di DB ha necessità di essere monitorato COSTANTEMENTE. Una visita all'anno è ridicola, due possono andar bene dopo anni e anni di compenso (anche se io, dopo 8 anni di compenso, ne faccio una al mese), durante le crisi ne servono una o due alla settimana. Tenete conto

3) NON GIUDICATE E NON SPAVENTATEVI. Stiamo semplicemente mostrando quanto TUTTI HANNO DENTRO MA AVENDO AUTOREPRESSIONI (SuperIO) PERFETTAMENTE FUNZIONANTI NON LO DIMOSTRANO. Voi fareste la stessa cosa al nostro posto. Non siamo mostri e non siamo pazzi, siamo persone normali. Solo che i nostri freni inibitori sono andati a farsi benedire, e voi che li avete attivati vi spaventate. Ma parlare di morte, avere una rabbia immensa, parlare in ripa o troppo.... non è follia. Ripeto, al nostro posto, con la dopamina alle stelle e la serotonina in coma, fareste la stessa cosa.

4) CERCATE DI PROTEGGERCI MA CON CALMA. Le lezioni d'amore urlate non fanno bene a nessuno. In fase maniacale pensiamo di fare qualcosa di estremamente pericoloso? Distraetemi, fatemi fare qualcos'altro di interessante...tanto la nostra attenzione non regge più di 5 minuti. In fase depressiva penso al suicidio? Chiamate subito il 118 - NESSUNA IDEAZIONE SUICIDARIA VA PRESA ALLA LEGGERA. La maggior parte dei suicidi probabilmente sono bipolari in ciclo misto (abbastanza depresso da pensare alla morte, abbastanza maniacale da attuarla).

5) NON VERGOGNATEVI di avere un familiare che soffre di una malattia mentale. E' una malattia, non è contagiosa, non è un peccato, non è un'onta, un segreto terribile. E' una malattia che va curata.

6) SE POTETE, NON SPARITE DALLE NOSTRE VITE - soprattutto durante una crisi. Siamo già iperstressati di nostro, una perdita affettiva non fa che peggiorare la situazione. A dolore si somma dolore. Non è molto carino, non trovate? Ma certe accortezze, che dovrebbero essere la base di ogni umanità, oggi sono superpoteri, mi rendo conto.

7) dopo la crisi, il vostro amato/a ritornerà ad essere quello/a che amate. Certo, ci saranno strascichi pesanti, dovrà curarsi, dovrà magari affrontare i suoi fantasmi. Ma è sempre quello che avete amato, prima.

8) nel dubbio, chiedete sempre allo psichiatra o allo psicoterapeuta (o alla, rispettivamente) che segue il vostro familiare. Sono senza dubbio indicati a darvi i migliori suggerimenti.

domenica 19 maggio 2013

Dopo il ricovero e dopo la diagnosi: che fare?

A posteriori, mi rendo conto di quanto io sia stata fortunata, nella sfortuna. Fortunata ad avere trovato medici eccezionali, soprattutto, fortunata a rispondere bene a certi farmaci, fortunata anche quando è sembrato che non lo fossi, fortunata ad avere una famiglia che mi avrebbe portato dall'altra parte del mondo per vedermi star bene, fortunata ad aver incontrato persone che non si sono approfittate del mio stato di debolezza ma mi hanno aiutato. Tralascio le brutture ("amici" che scompaiono, vicini di casa che smettono di salutare, etc.), che comunque ci sono state. Chissà, forse un giorno capirò che anche queste brutture sono state colpi di fortuna, e mi hanno evitato di continuare a frequentare persone non adatte a me. 

Certo, i miei angeli custodi devono aver fatto gli straordinari...me li immagino magrissimi, con tutte le calorie che gli avrò fatto consumare!

Dunque, siete appena stati dimessi dopo un ricovero e vi è arrivata questa mazzata sul collo: trattasi di disturbo bipolare. Oltre che quella sul collo, vi sarà arrivata probabilmente anche una mazzata farmacologica: gli antipsicotici (purtroppo da prendere nel caso di mania o ipomania, ma anche nel caso di grave depressione, perché quasi tutti gli antidepressivi, eccetto il Wellbutrin, possono causare a chi soffre di disturbo bipolare un viraggio maniacale) - non proprio delle mentine.

Ora, che fare?

1) Assolutamente: cercate un bravo psichiatria che vi segua costantemente. Talvolta la dimissione è: prenda questa cura, auguri, tanti saluti. A me successe. Tanti saluti? Non esiste....i dosaggi dei farmaci adatti ad una fase di emergenza non sono gli stessi da assumere nella fase di mantenimento, tutt'altro! Se non volete passare la vostra vita decisamente male (eufemismo che nasconde: se non volete trasformarvi in vegetali), cercate subito un bravo psichiatra - sia privato, sia in un centro di salute mentale pubblico.

2) Nei primi mesi, rassegnatevi a visite di controllo frequenti. A me capitò anche di andare due volte alla settimana, o tre. State prendendovi cura della vostra vita, prendete questo tempo da dedicare a voi stessi. Poi la frequenza diminuirà, assicurato

3) Siete certi della diagnosi? il punto 1) serve anche per avere una seconda opinione. Male non fa.

4) Siete certi che il farmaco che vi hanno dato sia il più adatto a voi? I medici non vi hanno mai visto, un ricovero medio dura una, al massimo due settimane, provano una molecola. Normale. Ne hanno tante, scelgono. Ma la molecola giusta non dovrebbe riempirvi di effetti collaterali, come acatinesia (necessità di camminare senza sosta - anche qui i miei angeli hanno lavorato, alle 5 del mattino ero già al parco), rigidità, torpore. Il farmaco giusto per voi placa i vostri eccessi senza causarvi altro - al più metterete su qualche chilo (ma meglio qualche chilo di troppo che l'inferno bipolare).

5) Quanto il vostro compenso sarà buono, potrete cercare uno psicoterapeuta. Non fatelo prima, sprechereste solo soldi. Non sareste in grado di affrontare una psicoterapia, mentre siete "fuori come dei picchi". Questo passo è opzionale: non tutti lo fanno, taluni prendono farmaci e basta. Io l'ho fatto, e mi è servito moltissimo. A dire il vero, questa strada mi ha ribaltato la vita. Di più: è stata la cosa migliore, per me stessa, che abbia mai fatto.

6) Soprattutto, non sentitevi dei condannati. Il DB oggi non è una condanna a vita o peggio. E' una malattia, che va curata nel migliore dei modi. E che, se curata nel migliore dei modi, permette di avere vite assolutamente "normali", serene e soddisfacenti.

PS: ricordate sempre che, in Italia, chi soffre di disturbo bipolare ha DIRITTO all'ESENZIONE TOTALE dal pagamento per visite psichiatriche, farmaci, analisi del sangue etc. Averlo non è complicato: uno psichiatra di un ospedale pubblico (non ricordo se anche del centro di salute mentale, ma potete accertarlo facilmente) riempirà un modulo, con questo modulo andate alla vostra ASL di zona e in pochi minuti avrete l'esenzione, valida due anni (cosa strana perché si tratta di un disturbo cronico, quindi non si capisce perché non debba essere "cronica" anche l'esenzione). Il che vi permetterà di avere visite psichiatriche GRATIS. Come scusante, quindi, avere pochi soldi non vale. ;-)